Con un interessante elaborato sul tema , il MIMS (Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile) fornisce rilevanti indicazioni sulle politiche per la transizione ecologica della mobilità e delle infrastrutture. Obiettivo del documento è quello di mostrare che la decarbonizzazione dei trasporti e dei servizi di mobilità– non si declina soltanto in una serie di scelte tecnologiche a basse o zero emissioni ma richiede interventi su diversi assi prioritari.
L’autore della pubblicazione
Il documento è viene prodotto dal MIMS, con il supporto di alcuni esperti, nell’ambito della “Struttura per la transizione ecologica della mobilità e delle infrastrutture” (STEMI) istituita dal Dicastero[1]. La STEMI ha il compito di elaborare indicazioni di policy per la transizione ecologica della mobilità e delle infrastrutture, anche alla luce dell’attuale discussione in sede di Consiglio europeo del Pacchetto Fit for 55 presentato dalla Commissione europea in attuazione della strategia del Green Deal.
Esso si pone in un’ideale linea di continuità con il Rapporto “Cambiamenti Climatici, Infrastrutture e Mobilità Sostenibili”, presentato il 4 febbraio 2022, rappresentandone un’appendice dedicata specificamente al tema delle tecnologie utili alla decarbonizzazione dei trasporti.
Obiettivo del documento
Posto che il settore che ne fanno il settore cardine della strategia di riduzione delle emissioni, in quanto:
- nel bilancio complessivo delle emissioni prodotte a livello nazionale;
- è fortissima la dipendenza dai combustibili fossili,
l’obiettivo del documento è quello di mostrare che la decarbonizzazione dei trasporti e dei servizi di mobilità– non si declina soltanto in una serie di scelte tecnologiche a basse o zero emissioni ma richiede interventi su cinque assi principali di azione:
- potenziare i sistemi di trasporto sostenibili alternativi al trasporto su gomma e gestire la domanda e la struttura della mobilità;
- migliorare l’efficienza energetica e decarbonizzare i veicoli;
- decarbonizzare i vettori energetici e i combustibili;
- abbattere le emissioni necessarie alla produzione dei veicoli;
- abbattere le emissioni necessarie alla costruzione di infrastrutture.
Le problematiche di carbonizzazione nel nostro Paese
L’Italia ha un sistema di trasporto che presenta una serie di deficit e distorsioni strutturali che vanno corretti e che devono essere affrontati insieme, a causa delle loro profonde interrelazioni.
Ad esempio:
- siamo tra i Paesi europei con il maggior numero di autovetture per abitante (secondi soltanto al Lussemburgo);
- abbiamo un ritardo e un deficit nelle reti di trasporto pubblico locale e nel servizio che erogano, una forte disomogeneità territoriale nella disponibilità di infrastrutture;
- un’eccessiva prevalenza del trasporto su gomma rispetto ad altri mezzi meno inquinanti.
Il supporto offerto dal PNRR alla decarbonizzazione
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), accompagnato dalle programmazioni dei fondi di bilancio ordinario e della coesione, cerca di rispondere ad alcune di queste criticità, sostenendo l’avvio di una profonda riforma del sistema della mobilità verso la sostenibilità ambientale e l’equità sociale.
I vari progetti del PNRR mirano:
- ad aumentare la quota di trasporto pubblico locale con il rinnovo, il potenziamento e la decarbonizzazione della flotta di veicoli;
- a ridurre la domanda di trasporto inquinante, in particolare nelle città, con l’ausilio anche delle piste ciclabili, della micro-mobilità elettrica (biciclette, monopattini, ecc.) e dell’intermodalità;
- a facilitare la diffusione delle automobili elettriche per mezzo dello sviluppo di una rete pubblica di ricarica veloce;
- a spostare una quota significativa di trasporto passeggeri e merci dall’automobile e dall’aereo alla ferrovia, con l’estensione al Sud dell’alta velocità, il potenziamento delle connessioni trasversali e lo sviluppo e la digitalizzazione di hub logistici.
Il PNRR comprende anche attività sperimentali per l’utilizzo di idrogeno a basse emissioni sul ciclo di vita (come l’idrogeno “verde”, prodotto dall’elettrolisi di elettricità da fonti rinnovabili) per le ferrovie periferiche non elettrificate e per il trasporto pesante su gomma. Come risultato finale, ci si propone una sostanziale riduzione al 2050 del parco di veicoli su gomma, la cui entità dipenderà dal successo delle politiche intraprese e da molti altri fattori, tra i quali l’impatto a lungo termine della pandemia, l’evoluzione dell’impiego delle nuove tecnologie di lavoro a distanza e i cambiamenti di valori e comportamenti individuali, in particolare nelle nuove generazioni.
Ferma restando l’importanza di interventi di gestione della mobilità per l’abbattimento delle emissioni, l’efficienza energetica e l’uso di materie prime nonché la gestione dei costi della transizione e l’equità sociale (prima azione della lista precedente, fondamentale anche per l’azione 5, ovvero la riduzione delle emissioni legate alla costruzione di infrastrutture), il tema centrale affrontato in questo documento è relativo alla scelta delle migliori tecnologie di trasporto e dei migliori vettori energetici ai fini della decarbonizzazione del settore dei trasporti. Ciò corrisponde alle azioni 2, 3 e 4 (migliorare l’efficienza energetica e decarbonizzare i veicoli, decarbonizzare i vettori energetici e i combustibili, abbattere le emissioni necessarie alla produzione dei veicoli), che risultano essere quelle più rilevanti per quanto riguarda gli impatti riconducibili in modo diretto ai veicoli e alle forme di energia per alimentarli.
L’obiettivo del Rapporto è quindi quello di fornire una base conoscitiva solida, fondata sullo stato dell’arte e della ricerca in corso, che permetta ai Ministeri competenti di sviluppare azioni e politiche efficienti per il raggiungimento degli obiettivi generali di riduzione delle emissioni, possibilmente con rapporti ottimali costi-benefici.
Il documento non tratta invece degli aspetti relativi alla gestione della domanda di trasporto e la sua riorganizzazione. Non si parla, quindi, di trasporto pubblico locale, di shift modale, di logistica, di Mobility as a Service e di molti altri aspetti tecnologici e non tecnologici che riguardano il quadro generale del sistema della mobilità e delle infrastrutture.
Tutti questi argomenti sono stati trattati nel Rapporto della Commissione “Cambiamenti Climatici, Infrastrutture e Mobilità Sostenibili” istituita nel 2021 dal Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, che costituisce la base di partenza di questo documento e che analizza in modo più esteso l’insieme delle misure economiche, tecnologiche, industriali, fiscali ecc. necessarie al conseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione illustrati sopra (queste ultime saranno altresì oggetto di un altro documento di indirizzo, complementare al presente documento).
La decarbonizzazione dei mezzi di trasporto
La decarbonizzazione dei veicoli è uno dei fattori principali per conseguire nel modo più efficiente l’obiettivo di ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030.
Il motivo di questa affermazione deriva dalla bassa resa energetica (cioè della bassa conversione dell’energia del combustibile nel serbatoio in movimento alle ruote) degli attuali mezzi di trasporto su strada, che in condizioni operative presentano efficienze tra il 20% e il 25% per le automobili e un massimo del 30% per i camion su lunghe distanze.
La sostituzione, in particolare dei mezzi meno efficienti e più inquinanti, con mezzi a zero emissioni allo scarico – tipicamente auto elettriche a batteria – comporta anche un notevole aumento di efficienza, dell’ordine del 300%. Questo fa sì che ogni unità di energia contenuta nei combustibili fossili sostituita da elettricità rinnovabile necessiti della produzione di un equivalente energetico di solo 0,25-0,3 unità di energia verde, con un forte guadagno in termini di emissioni e minori costi di esercizio, similmente alla sostituzione di caldaie a gas per riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza.
In altri termini, l’elettrificazione dei veicoli comporta una rilevante riduzione delle emissioni con una limitata realizzazione di nuove energie rinnovabili. Basti pensare che, già con il mix energetico attuale, la sostituzione dei veicoli a combustione interna con veicoli elettrici comporterebbe per l’Italia la riduzione delle emissioni del trasporto leggero su strada del 50%.
In generale, anticipando alcune delle evidenze che verranno approfondite nel documento, il MIMS segnala che:
- laddove possibili, le soluzioni basate sull’elettrificazione diretta (BEVs) sono chiaramente più competitive dal punto di vista dell’efficienza energetica e della capacità di decarbonizzazione se l’elettricità è ottenuta a partire da fonti rinnovabili;
- l’entità di questi vantaggi dipende dalla possibilità di produrre elettricità a zero emissioni di gas serra e a basso costo, nonché dall’ottimizzazione e dalla qualità (durabilità) dei sistemi di stoccaggio energetico imbarcati (le batterie), che sono la componente più costosa di questo tipo di tecnologie;
- gli automezzi a combustione interna (ICE) hanno un’impronta materiale complessivamente superiore a quelli a batteria e ciò è rappresentato anche da maggiori emissioni sul ciclo di vita. Al termine della vita utile, infatti, un’auto ICE ha bruciato e convertito in gas dispersi in atmosfera una quantità di combustibile pari a 5-10 volte il suo peso (in funzione dei chilometri percorsi);
- la parziale sostituzione dei combustibili convenzionali con biocombustibili porta a vantaggi marginali in termini di riduzione delle emissioni, in quanto il profilo di emissioni dei biocombustibili, anche di seconda generazione, è comunque alto e comporta basse efficienze e notevoli costi energetici;
- i combustibili sintetici non hanno un livello di sviluppo tecnologico vicino alla commercializzazione e presentano anch’essi efficienze e costi energetici non ottimali che ne fanno prevedere un utilizzo futuro in particolare per il settore aeronautico e navale. Va comunque considerato che l’utilizzo di questi combustibili alternativi comporta comunque emissioni inquinanti nocive per la salute e per l’ambiente;
- biometano, idrogeno, biocombustibili e combustibili sintetici saranno disponibili in quantità limitate, a causa dei vincoli di disponibilità di biomasse sostenibili o di energia rinnovabile a basso costo. In un’ottica di ottimizzazione del sistema energetico del futuro, questi vettori energetici dovranno essere prioritariamente impiegati in utilizzi energetici e soluzioni di abbattimento delle emissioni per i quali non sono disponibili alternative tecnologiche a costi e impatti ambientali inferiori;
- le batterie richiedono l’utilizzo di una serie di materiali, alcuni metalli e grafite, i cui livelli di produzione attuali dovranno essere aumentati sostanzialmente (e in maniera sostenibile) per soddisfare una domanda di batterie prevista in forte crescita. Questo può indurre cambiamenti strutturali importanti per le catene di approvvigionamento di materie prime, aumentando la domanda di alcuni metalli (es. litio, nichel, cobalto) e riducendo quella di combustibili fossili, con potenziali significative implicazioni di natura geopolitica;
- i limiti delle tecnologie di elettrificazione diretta emergono in modo più evidente in casi in cui occorre un sistema di stoccaggio (una batteria) di grandi dimensioni. Questo è il caso del trasporto su lunghe distanze, specie per navi e/o aerei, e quindi nei casi in cui non è possibile avere accesso a sistemi di approvvigionamento elettrico continuativo durante la fase operativa dei mezzi di trasporto;
- altre limitazioni possono essere legate a squilibri tra domanda e approvvigionamento di elettricità, il che potrebbe richiedere ulteriori sviluppi tecnologici e/o investimenti aggiuntivi che possono incrementare il costo totale della scelta dell’elettrificazione diretta rispetto a soluzioni alternative. Tuttavia, le esperienze di paesi Scandinavi, inclusa la Norvegia, che già oggi ha in circolazione circa il 20% di veicoli elettrici (ormai l’80% delle vendite di nuovi veicoli), dimostrano che il sistema elettrico, basato fortemente su energie rinnovabili (compreso eolico, variabile, e idroelettrico, pilotabile) al livello attuale di sostituzione non ha avuto ancora bisogno di sostanziali ristrutturazioni e potenziamenti;
- le auto a batteria dovranno essere progressivamente incluse nei sistemi di regolazione della domanda, necessari per aumentare l’hosting capacity delle reti elettriche verso produzione da rinnovabili. In tal senso sarà cruciale che i sistemi di ricarica per autoveicoli siano capaci, in futuro, di modulare il proprio carico a seconda dei segnali (anche di prezzo) che riceveranno dai gestori del sistema elettrico;
- le alternative all’elettrificazione diretta richiedono l’uso di altri vettori energetici da decarbonizzare in maniera significativa (per esempio idrogeno, ammoniaca o idrocarburi sintetici decarbonizzati) e di propulsori capaci di convertirne l’energia contenuta in moto (motori a combustione o celle a combustibile accoppiate con motori elettrici);
- generalmente, la produzione di vettori energetici decarbonizzati è più energivora rispetto alla loro derivazione da energia fossile. Nel caso dell’idrogeno, parte dello svantaggio legato alle perdite in fase di produzione – un elettrolizzatore per produrre idrogeno “verde” ha oggi un’efficienza media di circa il 65%, destinata a crescere in seguito all’innovazione tecnologica – è compensata da una migliore efficienza dei convertitori nei confronti dei motori a combustione. Le celle a combustibile, che trasformano l’idrogeno in energia elettrica per alimentare il motore elettrico del mezzo, hanno efficienze dell’ordine del 55% dell’energia in moto/lavoro utile, per una resa energetica complessiva del sistema dell’ordine del 35%, sempre assai inferiore a sistemi totalmente elettrici;
- ulteriori svantaggi in termini di efficienza energetica si verificano con vettori energetici gassosi dal momento che richiedono sistemi di stoccaggio ad alte pressioni e/o basse temperature per garantire sufficiente densità energetica a bordo di mezzi di trasporto. Per i vettori energetici gassosi, ulteriori costi sono associati al trasporto e alla distribuzione;
- un altro fattore importante da tenere in considerazione nell’analisi dei costi (anche in prospettiva futura) è la scala produttiva, dal momento che una produzione di vasta portata è generalmente associata a costi unitari inferiori per via di economie di scala, progresso tecnologico e riduzione del profilo di rischio. Non a caso, negli ultimi due decenni incrementi produttivi significativi si sono verificati principalmente per tecnologie legate ad energie rinnovabili (eolico, solare) e stoccaggio dell’elettricità (batterie). In quest’ultimo caso, gli sviluppi in scala sono in larga parte avvenuti grazie a un accresciuto interesse per applicazioni ad alto valore aggiunto (in particolare nell’elettronica e secondariamente nel comparto automobilistico);
- la ricerca e lo sviluppo industriale di nuove tecnologie di batterie è oggi il principale settore strategico che ha il potenziale di accelerare e ampliare la gamma di applicazioni dell’elettrificazione nei trasporti. Se oggi le migliori batterie impiegate nelle auto elettriche (tutte agli ioni di litio) hanno una densità energetica di circa 250 Wh/kg di peso, nei laboratori si stanno già sperimentando nuove soluzioni con densità energetiche più che raddoppiate che potrebbero arrivare sul mercato nel giro di 3-5 anni e con significativi miglioramenti nella domanda di materiali rari o critici.
In sintesi, siamo all’inizio di una profonda rivoluzione del settore dei trasporti e della mobilità e questo documento cerca di dare una risposta anche al tema della validità o meno in questa fase del principio di neutralità tecnologica. Le brevi annotazioni di questa introduzione, che verranno sviluppate più in dettaglio nei capitoli seguenti, mettono infatti in luce notevoli differenze di efficienza, di profili emissivi di gas serra e di inquinanti, di costi, di disponibilità e prospettive tecnologiche.
Dobbiamo quindi domandarci se sia necessario, in nome della neutralità tecnologica, distribuire gli investimenti su tante soluzioni differenti, con il grande rischio di trovarsi a breve con infrastrutture inutilizzate e da mantenere.
Le scelte, anche tecnologiche, vanno fatte sulla base di dati, confronti e valutazioni anche di carattere strategico.
La principale peculiarità delle decisioni deve essere quindi quella del “low regret”, ovvero procedere con opzioni che comportino bassi rischi di insuccesso. Per fare un esempio, l’ampliamento della infrastruttura pubblica di ricarica per le auto elettriche ha sicuramente un bassissimo rischio di fallimento, così come la realizzazione di gigafactories per una produzione europea di batterie al top dello stato dell’arte. Similmente, la reintroduzione di incentivi per l’acquisto di auto elettriche – o di disincentivi per altre scelte – è un provvedimento utile a mobilizzare un mercato ancora incerto e per avviare il percorso che ci deve portare al target di riduzione delle emissioni al 2030.
Altri investimenti quali, ad esempio, una eventuale rete di distribuzione dell’idrogeno per i trasporti, specialmente se effettuati con denaro pubblico in deficit o se pagati dai consumatori, vanno ben ponderati a causa dell’alto rischio di rivelarsi non necessari o competitivi rispetto ad altre opzioni tecnologiche. Molte di queste scelte vanno poi condivise con i partner europei e con i Paesi confinanti, per cercare standard comuni e garantire una reciproca interoperabilità, ma ancora di più per creare insieme le nuove catene di valore che devono soddisfare la domanda della transizione ecologica.
Questi temi, oltre ad essere stati discussi nel Rapporto della Commissione “Cambiamenti Climatici, Infrastrutture e Mobilità Sostenibili” soprattutto per quanto riguarda le politiche infrastrutturali per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, saranno oggetto dell’analisi dei capitoli successivi che si concentreranno soprattutto sugli aspetti tecnologici.
[1] Ex Decreto n. 504 del 10 dicembre 2021
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