La Commissione intende svolgere un’indagine mirata ad assumere elementi conoscitivi sulla normativa concernente la cessazione della qualifica di rifiuto (“end of waste”). Il tema costituisce uno dei fondamentali snodi per lo sviluppo dell’economia circolare e si pone al centro dell’attuale dibattito in materia ambientale sia sul versante delle pronunce giurisdizionali sia sul versante normativo, essendo da poco stata riformata la relativa disciplina, sia nazionale che europea. A rappresentare Confindustria Cisambiente, tra gli altri, Stefano Sassone, Direttore Area Tecnica.
L’indagine conoscitiva della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati
La normativa sull’end of waste – ovvero l’indicazione di quali caratteristiche deve possedere una sostanza per non essere più considerata “rifiuto” – è contenuta, fin dal 2010, nell’articolo 184-ter del Codice dell’ambiente (dlgs n. 152 del 2006).
Tale disposizione, da un lato, prevede, che i criteri per l’end of waste siano adottati in conformità alla disciplina comunitaria e, dall’altro, in mancanza di criteri sovranazionali, demanda a decreti del Ministro dell’ambiente il compito di definirli “caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto”. Sono stati finora emanati due decreti, con riguardo a tipologie di combustibili solidi secondari – CSS (D.M. 14 febbraio 2013, n. 22) e per il conglomerato bituminoso (D.M. 28 marzo 2018, n. 69).
Lo scorso anno il Consiglio di Stato (sentenza n. 1229 del 28 febbraio 2018), ha precisato che il potere di individuare tali criteri spetta esclusivamente allo Stato, e non anche alle regioni che, invece, avevano supplito al vuoto normativo in sede di rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di trattamento dei rifiuti, “caso per caso”.
Da parte sua la Corte di giustizia dell’UE, con la sentenza 28 marzo 2019, causa C-60/18, ha riconosciuto che, in assenza di criteri comunitari, gli Stati possono definire con atti giuridici nazionali – non soggetti all’obbligo di notifica – i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto per specifiche tipologie. La Corte chiarisce che risulta, inoltre, dalla formulazione dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2008/98 che gli Stati membri possono prevedere la possibilità di decisioni relative a casi individuali, in particolare sulla base delle domande presentate dai detentori della sostanza o dell’oggetto qualificati come «rifiuti», ma possono anche adottare una norma o una regolamentazione tecnica relativa ai rifiuti di una determinata categoria o di un determinato tipo di rifiuti.
Nel corso degli ultimi mesi, sia la Conferenza delle Regioni sia i rappresentanti del Governo, in sedi e atti formali, hanno ribadito l’esigenza di adottare misure normative volte a ripristinare la facoltà delle regioni di disciplinare il “caso per caso” nelle more dell’emanazione dei decreti ministeriali.
Sul piano della normativa nazionale e comunitaria, si ricorda che nel 2018 sono state emanate nel 2018 due nuove direttive europee in materia di rifiuti e imballaggi (n. 851 e 852). Pertanto, nel disegno di legge di delegazione europea presentato il 14 novembre 2018, approvato dalla Camera e all’esame del Senato (S. 944), figura una delega per il loro recepimento, tra i cui criteri e principi direttivi si prevede espressamente la finalità di “definire criteri generali al fine di armonizzare nel territorio nazionale la cessazione della qualifica di rifiuto, caso per caso”, nonché “semplificare le procedure di adozione dei criteri di cessazione della qualifica di rifiuto a livello nazionale” (lettera e) dell’articolo 15, comma 1).
Da ultimo, il citato articolo 184- ter è stato modificato dal decreto legge “sblocca cantieri” (articolo 1, comma 19 del dl n.32 del 2019). La novella del comma 3 individua la disciplina transitoria applicabile fino all’emanazione dei decreti ministeriali che dovranno fissare i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto “caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto”. In particolare, si richiamano i decreti ministeriali adottati prima dell’entrata in vigore della norma codicistica (D.M. 5 febbraio 1998; D.M. 161/2002; D.M. 269/2005). In sostanza, le regioni – in sede di rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di trattamento – possono ora utilizzare, quali criteri end of waste, i parametri utilizzati per la venuta ad esistenza delle materie prime secondarie indicati nei richiamati decreti ministeriali (D.M. 5 febbraio 1998; D.M. 161/2012; D.M. 269/2005).
Per garantirne l’uniforme applicazione sul territorio nazionale, il Ministero dell’ambiente dovrà adottare un decreto che indicherà le linee guida a cui i titolari delle autorizzazioni, concesse medio tempore, saranno tenuti a conformarsi entro un anno.
La posizione di Confindustria Cisambiente
L’Associazione di Confindustria, rappresentativa del settore privato dell’igiene ambientale, ritiene sia necessario un quadro normativo efficace sulla disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto.
Si rileva che la produzione legislativa ha determinato, nel corso degli ultimi 9 anni, estrema confusione fra gli Enti preposti alla concessione e al rilascio delle autorizzazioni per l’esercizio delle operazioni di recupero di tipo end of waste.
La strada della realizzazione di specifici regolamenti EoW è quella da prediligere per evitare incertezze sull’esito finale dell’attività di recupero, in quanto ritagliati sul flusso specifico che è oggetto stesso del trattamento. Allo stesso tempo, stando l’impossibilità di comprimere i passaggi (numerosi e lunghi, che portano al rilascio dei singoli regolamenti), si ritiene auspicabile vengano contingentai i tempi, come già avviene per le fasi relative al rilascio delle procedure autorizzative ambientali.