Con uno studio, Ecocerved indaga, cifre alla mano, su una delle novità introdotte dal recente D.lgs. 116/2020 di recepimento delle direttive europee sull’economia circolare riguardanti rifiuti e imballaggi che riguarda la “riclassificazione” degli urbani.
Cosa stabilisce il D:Lgs. bn. 116 dl 3 Settembre 2020.
Con il Recepimento della Direttiva n. 851 del 4 Luglio 2020, avvenuta con il D.Lgs. n. 116 del 3 Settembre 2020, entrato in vigore il successivo 26, vengono definiti come “rifiuti urbani” non solo quelli che già attualmente i cittadini e le attività commerciali/artigianali conferiscono al servizio pubblico, ma anche una serie di rifiuti – indifferenziati e differenziati – provenienti da altre fonti, che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici.
In particolare, con il Decreto vengono stabilite, da un lato, le tipologie di rifiuti non pericolosi che, se prodotti da una selezione di attività economiche (botteghe, supermercati, uffici, bar, ristoranti, autofficine, ospedali ecc.) vanno considerati come urbani quando avviati a riciclo, anche se non raccolti dai Comuni, e, appunto, dall’altro, tali attività economiche.
Con esso, la Comunità europea persegue l’esigenza di standardizzare comportamenti spesso difformi sul territorio. Nel caso del nostro Paese, ciò avveniva mediante l’attuazione di regolamenti Comunale, che stabilivano, in maniera più o meno estensiva, l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani.
Si precisa che tale definizione non rileva ai fini del calcolo degli obiettivi di riciclo fissati dall’Unione europea, ma non comporta un obbligo di affidarne la privativa ai Comuni, per cui, sulla scorta del nuovo art. 238, le imprese che producono i rifiuti in questione possono quindi conferirli al di fuori del servizio pubblico e devono dimostrare di averli avviati a recupero: in questo modo sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria in rapporto alla quantità dei rifiuti conferiti.
I dati Ecocerved
Ecocerved, incrociando i dati sui rifiuti da fonte MUD con le attività economiche da fonte Registro imprese, ha realizzato un’analisi per quantificare la mole di rifiuti interessati da questa modifica normativa: si stima che complessivamente ammontino a 1,3 milioni di tonnellate, di cui frazioni differenziate per 1,2 milioni di tonnellate, prodotte da circa 48mila imprese.
Il 60% dei “nuovi” urbani è costituito da carta e cartone e seguono – a grande distanza – gli imballaggi multimateriale (circa 20%). Dal punto di vista settoriale, il 65% del totale viene prodotto da imprese del commercio e circa il 20% da uffici. A livello territoriale, in termini quantitativi la Lombardia pesa per il 25%, seguita da Lazio e Veneto con quote intorno al 12%.
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