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231: la condanna, che prevede interdizione, va motivata

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Con una sentenza della Corte di Cassazione dello scorso 20 aprile, viene affermato il principio per cui, nell’ambito della condanna di un ente, laddove sia conclamata la cosiddetta responsabilità “231”, il giudice deve motivare l’applicazione anche delle sanzioni interdittive.

Modello Organizzativo e Gestionale 231 (MOG 231)

Che cos’è

Il modello di organizzazione e gestione (o “modello ex d.Lgs. n. 231/2001”) è un modello organizzativo adottato da persona giuridica, o associazione priva di personalità giuridica, volto a prevenire la responsabilità penale degli Enti.

Esso introduce il c.d. “regime di responsabilità “da reato”(c.d. “responsabilità amministrativa 231”), derivante dalla commissione o tentata commissione di determinate fattispecie di reato nell’interesse o a vantaggio degli enti stessi, nel Decreto riportati.

Quando l’Azienda risponde dei reati “231”

Pertanto, tale responsabilità si affianca a quella penale della persona fisica che ha commesso il reato.

L’introduzione di questo nuovo ed autonomo tipo di responsabilità consente di colpire direttamente il patrimonio dell’Ente che abbia tratto un vantaggio dalla commissione di determinati reati da parte delle persone fisiche autori materiali dell’illecito penalmente rilevante – che “impersonano” la società o che operano, comunque, nell’interesse di quest’ultimo. In base all’art. 5, comma 2, D. Lgs. n. 231/2001, un Azienda è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

  • da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’Ente, o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
  • da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a) (in altri termini: soggetti in posizione apicale o sottoposti).

Viceversa, un Azienda non risponde se le persone sopra indicate hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

Quali sono le sanzioni previste?

In caso di compimento delle fattispecie previste dal Decreto, vengono previste:

  • la sanzione pecuniaria;
  • le sanzioni interdittive;
  • la confisca;
  • la pubblicazione della sentenza.

Le sanzioni interdittive sono:

  • l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
  • la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
  • il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
  • l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
  • il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

La sentenza

In merito alla sentenza, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna di una società veneta, alla sanzione amministrativa pecuniaria per responsabilità 231, in relazione ad un reato presupposto consistente in lesioni colpose, a seguito di una violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.

Nell’ambito della sentenza non venivano espresse le motivazioni della condanna: la Cassazione ha chiarito che esse, al contrario, devono essere riportando, precisando altresì che le suddette sanzioni interdittive sono da intendere come “principali”, e non come “accessorie”: la loro applicazione non deve essere considerata come automatica, ma appunto, il giudice chiamato a dirimere la questione, deve motivare la sussistenza delle ragioni che portano all’applicazione delle stesse e i relativi criteri di scelta.

Approfondimenti

Sentenza Corte di Cassazione numero 14696 del 20 aprile 2021.

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